#ioleggoperché | Si può sempre migliorare
Dal nove febbraio è partita l’iniziativa #ioleggoperché. un progetto che ha come scopo la diffusione della lettura tra i non lettori. A cura di AIE (Associazione Italiana Editori), e realizzato in collaborazione con ALI (Associazione Librai Italiani – Confcommercio), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), Centro per il Libro e la Lettura, Milano Città del Libro 2015 e con il contributo di mamma RAI.
Si tratta di un eventone coi fiocchi, tanti personaggi famosi coinvolti, una canzone scritta appositamente e… un esercito di Messaggeri “pronti a tutto”.
Fino al 23 Aprile, in cui si celebra la giornata mondiale del libro, i Messaggeri saranno nelle piazze, nelle biblioteche, in tutti i cieli in tutti i mari cercando di rifilare ai non lettori o ai “lettori assopiti” (che leggono poco) 24 titoli pensati e scelti proprio per chi ancora non legge.
Poi il 23 aprile mega trasmissione in diretta su Rai 3. Tanto di cappello.
È giusto riflettere sul fatto che il 60% degli italiani non legga nemmeno un libro all’anno.
Ma è il modo giusto per farli avvicinare alla lettura?
Così com’è proposta sembra un’iniziativa rivolta ai lettori, che vengono ingaggiati, gasati come paladini dei libri. I non lettori non sono coinvolti attivamente. Sono posti come destinatario passivo di un’azione da parte di chi legge, incasellati nel ruolo del bisognoso, incapaci e imbambolati come principesse da salvare.
L’hashtag stesso: #ioleggoperché. Si rivolge a chi legge, chi non legge non può twittare, quindi non ha voce, non è coinvolto nel dialogo che si vuole creare sui social. Non è detto che chi non legge non sia consapevole del valore della lettura, magari ha altri motivi, che ne so: non gli va di stare seduto e fermo, non ha tempo, alle elementari aveva una maestra antipaticissima che lo costringeva a leggere robe che non gli piacevano, pensa che leggere sia una roba da sfigati, non ha soldi per comprarsi i libri.
Sarebbe il caso di provare a farsi dire #iononleggoperchè.
Una volta fatte emergere tutte queste ragioni si potrebbe cominciare a smontarle: si può leggere anche mentre si cammina, si viaggia e quando si è costretti a stare seduti, o in fila alla posta magari, leggere è sentirsi liberi. Leggere è trasgressione, in tanti hanno cominciato a leggere arrampicandosi nelle librerie per rubare i libri dei grandi. Leggere è fico, ci si trovano un sacco di idee, di spunti, anche per rimorchiare. È bellissimo leggere i libri prestati, o quelli della biblioteca, o i libri digitali (di cui non si fa cenno in questa iniziativa), che costano meno e ce ne sono tantissimi gratuiti – non parlo di pirateria, ma di fuori catalogo, ma chi se ne frega, l’importante è che si legga!
A questo punto si potrebbero esortare i lettori con un #leggiperché.
Non mi fa impazzire nemmeno l’idea di suggerire dei libri pensati appositamente per chi non legge. Cosa vuol dire? Non ha senso, è questione di gusti, di interessi. Prendiamo un ricercatore X, si è sempre appassionato di biologia o di formule fisiche e matematiche e magari non gliene può fregare di meno di leggere Baricco, che è certamente una lettura semplice e appassionante, ma il nostro amico uomo di scienza invece preferirebbe leggere un bel mattone scritto da Azimov. Un bel mattone che magari un lettore accanito di best seller da vetrina della Mondadori non si sognerebbe mai di portarsi a casa, nonostante twitti #ioleggoperché.
Insomma, leggere ci insegna che il mondo è bello perché è pieno di contraddizioni, che è imprevedibile e che non bisogna essere rigidi nell’attribuzione dei valori.
Come Regina Zabo vogliamo partecipare all’iniziativa, perché siamo lettori e ai lettori piace dire a tutti quanto è togo leggere. Però la prossima volta, giacché è una cosa bellissima che si spendano tanti soldoni per uno scopo così nobile. La prossima volta però, sarebbe meglio rivolgersi ai diretti interessati, farli parlare, includerli. Costruire un dialogo.